rottura del tendine d'achille

La rottura del tendine d’achille (trattamento conservativo e chirurgico )

Il primo a parlare di rottura del tendine d’Achille fu Ippocrate, che disse che “questo tendine, se lesionato o rotto, causa febbre acuta, provoca soffocamento, delirio, e porta alla morte”. Oggi, fortunatamente, la prognosi è molto diversa, ma c’è ancora un acceso dibattito su quale sia il trattamento migliore per una rottura di questo forte e robusto tendine.

Nel 1575, Ambrose-Pare fu il primo a descrivere il trattamento di una rottura del tendine calcaneare, utilizzando dei bendaggi: era il primo tipo di trattamento conservativo. Non si parlò di trattamento chirurgico prima del 20° secolo, dopo che, negli anni ’20, furono effettuati degli studi che ne riportavano gli ottimi risultati.

Nonostante ciò, però, la chirurgia rimase infrequente, con solo 31 casi riportati nel Massachussetts tra il 1900 e il 1954. Acquistò popolarità lentamente, ma decisamente, fino ad un nuovo arresto, che avvenne negli anni ’70, quando uno studio di Lea e Smith riportò l’efficacia del trattamento con immobilizzazione in gesso, con un tasso di recidive dell’11%.

Si disse che “alla luce degli eccellenti risultati ottenuti con il trattamento conservativo, non è chiaro se il trattamento chirurgico possa essere ancora giustificato”. Altri studi valutarono le complicanze del trattamento chirurgico ed il rischio di infezioni, ancora una volta confermando la validità del trattamento conservativo.

Tuttavia, le ricerche sul trattamento chirurgico continuarono ad avanzare, le tecniche migliorarono e i rischi diminuirono sensibilmente. Al giorno d’oggi, è evidente che il trattamento conservativo possa portare ad una buona guarigione, ma è spesso associato ad un deficit di forza del tricipite surale e ad un rischio di recidive molto alto, che può raggiungere il 39% (Doral et Al. 2010) e che quindi, specialmente per uno sportivo, risulta inaccettabile.

Il trattamento chirurgico dopo rottura del tendine d’achille

E’ ad oggi quindi, quello più indicato negli sportivi, anche perché associato ad un più frequente ritorno alle attività atletiche rispetto al conservativo (71% vs 63%, Brotzman), ad un recupero più rapido (59gg vs 108gg, Metz et al. 2008) e ad una maggior forza nella flessione plantare (87% vs 78%, Heckman et al. 2009).

Una delle tecniche chirurgiche esistenti è quella di open surgery, a cielo aperto, che però comporta i classici rischi da intervento chirurgico, come le infezioni, la formazione di adesioni, le conseguenti limitazioni funzionali, dolore, rischio di lesione del nervo surale ecc. I rischi di complicanze in open surgery possono raggiungere il 20,7% contro il 9,6% del trattamento conservativo (Wong et al, 2002) I vantaggi della tecnica conservativa e di quella chirurgica in open possono, però, essere combinati grazie alla tecniche chirurgiche mini-invasive, come la cosiddetta tecnica mini-open o quella per via percutanea, tecniche che promettono un recupero più rapido, meno doloroso, ed un tasso di rischi minore.

Gli svantaggi sono, in questo caso, prevalentemente legati al rischio di lesione del nervo surale e alla visione indiretta o ridotta dell’operazione. Anche a quest’ultimo aspetto negativo, tuttavia, si può ovviare, grazie all’aiuto dell’endoscopia, che può essere utilizzata nella tecnica di ricostruzione per via percutanea. Questa tecnica, così effettuata, sta prendendo piede velocemente, grazie ai numerosi vantaggi e ai bassi rischi.

Il dibattito su quale sia il trattamento migliore è ancora acceso. Numerosi sono gli studi comparativi, e la ricerca continua a fare passi avanti, sia per quanto riguarda il trattamento conservativo, sia per quanto riguarda le tecniche chirurgiche, più sicure e meno invasive. Vedremo ora, nel dettaglio, i diversi tipi di trattamento  per  la  rottura  completa del tendine d’Achille.

rottura del tendine d'achille

TRATTAMENTO CONSERVATIVO DOPO ROTTURA DEL TENDINE D’CHILLE

 

Lo scopo del trattamento conservativo è quello di portare il tendine a guarigione mantenendo il contatto tra le due estremità della lesione. Il trattamento conservativo per le rotture complete del tendine di Achille è di solito riservato ai pazienti anziani, con malattie croniche, con controindicazioni parziali all’operazione e/o ai pazienti con basse richieste funzionali.

I protocolli utilizzati sono numerosi, ma il punto chiave consiste nell’immobilizzazione, che inizialmente avveniva sempre tramite gesso. In questo caso, l’arto inferiore viene immobilizzato in assenza di tumefazione con la caviglia in equinismo cosiddetto gravitario, ossia a 30° di plantiflessione, utilizzando una ginocchiera (Fig. in basso, con il ginocchio flesso a 45°), in modo da limitare l’attivazione del gastrocnemio, o uno stivaletto gessato (Fig. in basso).

Non vi sono studi sufficienti a sostenere quale dei due metodi sia migliore, né c’è un consenso unanime al riguardo da parte dei medici, ma secondo uno studio di Trickett et (2011), la posizione del ginocchio non influenzerebbe il gap tra le due estremità della lesione del tendine achilleo.

Trattamento conservativo con ginocchiera (a sinistra) e stivaletto gessato (a destra)

rottura del tendine d'achille stivaletto gessato

 

Il paziente può deambulare con stampelle, senza però caricare, inizialmente sul lato infortunato. Per i pazienti con storia pregressa di disturbi della coagulazione, si dovrebbe prendere in considerazione la somministrazione di anticoagulanti.

Dopo 2/3 settimane, il gesso viene sostituito da uno stivaletto gessato con la caviglia immobilizzata a circa 15° di plantiflessione, ed il carico, seppur parziale, è consentito.

Gradualmente si riporta la caviglia in posizione neutra, sostituendo il gesso ogni 2 settimane. È importante immobilizzare la caviglia al giusto grado di dorsiflessione e procedere per gradi, poiché altrimenti si può incorrere in un allungamento del tendine. II periodo complessivo di immobilizzazione dovrebbe durare dalle 8 alle 12 settimane, a seconda del protocollo utilizzato. Ve ne sono, infatti, di numerosi, e non vi è ancora un parere unanime su quale sia il migliore.

Una volta rimosso il gesso, si inizia un programma di riabilitazione. Si consiglia di utilizzare un sostegno di 2 cm per il tallone per 1-2 mesi, al fine di ridurre il rischio di allungamento del tendine. Si dà inizio a esercizi attivi per il ROM in scarico e allo stretching passivo con il tubolare elastico. A 10-12 settimane il rialzo viene ridotto a 1 cm; nell’arco del mese successivo viene ulteriormente ridotto in modo che, in 3 mesi, il paziente possa ritornare a camminare senza rialzo.

A 8-10 settimane, inoltre, dà inizio agli esercizi contro resistenza progressiva per il rinforzo della muscolatura del polpaccio. Si può tornare a correre dopo circa 4-6 mesi, se la forza dell’arto inferiore infortunato è pari almeno al 70% del lato sano. La potenza massima nella flessione plantare può, però, rimanere deficitaria per 12 mesi o più.

II test di forza viene effettuato a 6 mesi dall’infortunio e vengono gradualmente reinserite attività fisiche leggere, come camminate e jogging leggero. Le attività sportive intense e caratterizzate da accelerazioni improvvise e salti sono invece sconsigliate fino alla guarigione completa (6- 12 mesi).

I rischi di un’immobilizzazione prolungata, però, sono diversi, come ad esempio l’atrofia del muscolo tricipite surale. Se il gastrocnemio è un muscolo biarticolare e quindi, in un’ingessatura al di sotto del ginocchio, questo rimane attivo, il soleo è invece particolarmente suscettibile all’immobilizzazione, e può incorrere così facilmente in atrofia e deficit di forza importanti.

Per queste ragioni, la ricerca, per quanto riguarda il trattamento conservativo, si sta muovendo sempre di più verso mobilizzazioni precoci e somministrazione precoce del carico, che sembrano permettere un recupero qualitativamente migliore e molto più rapido.

Alcuni studi dimostrano che il carico precoce è possibile con l’ausilio, ad esempio, di un tutore CAM walker (Fig. 14) o di Shieffield Splints (Fig. 15), senza rischi nel lungo termine. La possibilità di un carico precoce ha indubbiamente molti vantaggi rispetto al trattamento di immobilizzazione prolungata, specialmente nei pazienti anziani o fragili, in cui il trattamento conservativo tende ad essere preferito. Saleh et al. (1992) nel loro studio hanno evidenziato anche che l’utilizzo della Shieffield Splints, permettendo una mobilizzazione ed un carico completo già nella 4a settimana, comporta un migliore e più rapido recupero rispetto al trattamento con gesso.

In particolare, è stato riscontrato come i pazienti trattati con Sheffield splint avevano ottenuto un ROM completo a 6 mesi dall’infortunio, mentre nei pazienti trattati con gesso permanevano deficit, specialmente in dorsiflessione, anche a 12 mesi. Studi come questo ci confermano che una mobilizzazione ed un carico precoci migliorano sensibilmente l’outcome ed i tempi di recupero, non solo non comportando maggiori rischi per il tendine in guarigione, ma anzi riducendoli.

Sono ridotti, ad esempio, i rischi legati alle lesioni da pressione che può causare un gesso applicato per un lungo tempo, alla TVP (trombosi venosa profonda), alla formazione di adesioni, di blocchi articolari, di ipotrofia muscolare ecc.

                                                                       Cam walker                                    Shiffield splint

rottura del tendine d'achille tutorerottura del tendine d'achille splint

Proprio per questo, la ricerca si sta muovendo e sta procedendo verso nuovi tutori, con risultati incoraggianti, come il Vacoped© (fig. in basso). Si tratta di un tutore con una struttura portante in plastica, leggera e molto solida, dotata di una camera sottovuoto al di sotto della caviglia del paziente. All’interno di questa camera si trovano migliaia di microsfere che si adattano alle differenti caratteristiche anatomiche e assicurano sempre il perfetto posizionamento, senza punti di pressione, del piede del paziente.

La tecnologia VACO12 offre inoltre l’opzione di creazione del vuoto nella suddetta camera: ciò consente di definire e stabilizzare la forma richiesta ogni volta che si desidera. Il Vacoped© ha due modalità di utilizzo: immobilizzazione completa o immobilizzazione parziale, con un ROM limitato all’interno del quale la caviglia può muoversi.

Il Vacoped© è regolabile, e permette di immobilizzare la caviglia da 30° di plantiflessione (PF) alla posizione neutra con intervalli di 5 ° e permette circa 15° di dorsiflessione (DF), grazie allo snodo regolabile, in associazione alla suola con zeppa in dotazione.

Vacoped

rottura del tendine d'achille tutore vacoped

Il programma di utilizzo di questo innovativo tutore consiste in:

Settimana Immobilizzazione Carico
<2 Immobilizzazione completa con la caviglia a 30° di plantiflessione Sfiorante
2-4 Immobilizzazione completa con la caviglia a 15° di plantiflessione Parziale
4 Immobilizzazione completa in posizione neutra Completo
5 Immobilizzazione parziale, per consentire un ROM tra 10° di PF e 10° di DF Completo

 

Ovviamente, per quanto riguarda il carico, l’indicazione viene data dal medico ortopedico. Un altro protocollo esistente, utilizzando il VACOPED©, è quello accelerato, descritto da Thevendran et al. nel 2003

Settimana /Trattamento accelerato/ Carico


Settimana < 2 Immobilizzazione con gesso –    Carico Non concesso.
Settimana  2-4 Immobilizzazione completa con VACOPED©, con caviglia a 30° di plantiflessione. 24h/24 Carico Parziale – poi  Completo.
Settimana 4-6 Immobilizzazione parziale, consentendo un ROM tra 15°-30° di plantiflessione. Il VACOPED© si può rimuovere di notte.
Settimana 6-8  Immobilizzazione parziale,  consentendo un ROM tra la posizione neutra e 30° di plantiflessione
Settimana 8-10 Immobilizzazione parziale per consentire un ROM tra 10° di dorsiflessione e 10° di plantiflessione
Settimana >12 Rimuovere il tutore e procedere utilizzando scarpe con rialzo per il tallone.

Inoltre, le periodiche insufflazioni e svuotamenti di aria dalla camera del tutore consentirebbero un efficace metodo di prevenzione della trombosi venosa profonda, favorirebbero il drenaggio venoso e ridurrebbero il rischio di lesioni da pressione.

In conclusione, la ricerca di sta muovendo, anche in ambito conservativo, verso un trattamento precoce, che riduca i rischi e le complicanze e che sia sempre più tollerato dai pazienti, con ortesi più efficaci e confortevoli. Ad oggi ancora non vi è un consenso unanime circa il protocollo migliore o l’ortesi migliore da utilizzare, pertanto sicuramente nuovi studi in merito possono essere utili e fare chiarezza sul mondo, estremamente vasto, del trattamento post-rottura di tendine d’Achille.

TRATTAMENTO CHIRURGICO A CIELO APERTO

 

In letteratura sono stati descritte numerose tecniche di ricostruzione chirurgica a cielo aperto. Ne descriveremo solamente una, esposta nello studio di Miller et al. (2017), per dare un esempio e comprendere gli step fondamentali della ricostruzione a cielo aperto.

L’intervento viene generalmente effettuato una o due settimane dopo l’infortunio, dopo aver ridotto il gonfiore incoraggiando l’elevazione dell’arto ed utilizzando ortesi compressive. Durante questo periodo, la caviglia del paziente viene immobilizzata in equinismo e il carico non è permesso.

Per l’intervento si utilizza un’anestesia spinale o regionale, dopodiché si procede con l’operazione, col paziente in posizione prona e il piede al di fuori del bordo del lettino. Viene praticata un’incisione posterolaterale, di 8-12 cm, superiormente al punto di rottura del tendine. Si presta attenzione ad evitare il nervo surale, lateralmente a questo. L’incisione cutanea espone il paratenone, che viene inciso. I lembi cutanei vengono retratti, e viene così ad esporsi il tendine d’Achille.

tecnica chirurgica a cielo aperto 
rottura del tendine d'achillerottur tendine d'achille intervento chirurgico

 

Si evidenzia il capo prossimale della lesione tendinea e lo si tira leggermente. Il divaricatore viene spostato prossimalmente, all’interno del paratenone, per rimuovere le adesioni.

Il tendine viene ricucito, utilizzando una sutura forte, non riassorbibile, applicata ad entrambe le estremità tendinee. La sutura viene effettuata in modo che i nodi si trovino anteriormente al tendine e non possano irritare la sede dell’incisione chirurgica, che si trova posteriormente.

È importante applicare la corretta tensione a livello dei punti di sutura: la tensione è corretta se, una volta applicata, in posizione di riposo, la caviglia trattata si trova nella stessa posizione di quella sana e si ha un test di Thompson negativo.

Il paratenone viene suturato (il tendine di Achille non ha una guaina sinoviale, ma scorre all’interno di un canale di tessuto connettivo, il cosiddetto paratenone. Questo step è fondamentale per minimizzare le complicanze post-operatorie. Vengono suturati poi il tessuto sottocutaneo ed infine la cute.

                                              Ricostruzione a cielo aperto                                                        Cicatrice Post-ricostruzione a cielo aperto

rottura del tendine d'achille ricostruzionerottura del tendine d'achille ricostruzionerottura del tendine d'achille ricostruzione

 

TRATTAMENTO    CHIRURGICO    MINIMAMENTE    INVASIVO

 

Il trattamento chirurgico minimamente invasivo delle lesioni acute complete del tendine di Achille fu proposto originariamente da Ma e Griffith nel 1973 mediante una sutura percutanea che si avvale di 5 o 6 piccoli accessi per il passaggio ed annodamento di una singola sutura. Lo scopo di una sutura mini-invasiva percutanea è quello di associare i vantaggi di un trattamento chirurgico, riducendo al massimo l’incidenza di complicanze locali legate all’accesso chirurgico aperto tradizionale, a quelli di un trattamento conservativo, riducendo l’incidenza delle recidive, consentendo così un recupero funzionale più rapido ed un precoce ritorno alle attività lavorative e sportive.

I risultati del trattamento mini-invasivo, estesamente riportati in letteratura, riportano dati incoraggianti, con tassi di recidive inferiori al trattamento conservativo e comunque paragonabili all’incidenza riportata con le suture chirurgiche tradizionali. Si evince, inoltre, un’importante riduzione delle complicanze legate agli accessi a cielo aperto, anche se si rileva la comparsa di nuove complicanze “specifiche” come l’intrappolamento del nervo safeno nel quadrante prossimo-laterale della sutura, che può essere oggi prevenuto con alcuni accorgimenti tecnici.

rottura del tendine d'achille ricostruzione tecnica mini invasiva

 

RICOSTRUZIONE CON TECNICA PERCUTANEA

 

Per eseguire l’intervento viene effettuata un’anestesia locale e il paziente viene posto in posizione prona, con il dorso del piede a contatto col margine del letto operatorio. La lesione viene delimitata con matita dermografica in corrispondenza dei monconi apprezzabili clinicamente. Si praticano 6 piccoli accessi cutanei, 3 mediali e 3 laterali al profilo del tendine: una coppia prossimale, una coppia all’altezza della sede di lesione e infine 2 incisioni distali, in prossimità dell’inserzione calcaneare del tendine.

L’incisione prossimo-laterale risulta molto vicina al decorso del nervo surale, che può essere lesionato nell’ incisione stessa o dal passaggio della sutura che può intrappolarlo: è consigliabile, quindi, praticare questa incisione più medialmente. Scollato il tessuto sottocutaneo, si procede al passaggio di una sutura non riassorbibile, o riassorbibile a lungo termine e a doppio ago, nel tendine, ancorando il moncone prossimale e quello distale.

Vengono poi annodate le due suture, prossimale e distale, sui due versanti, mediale e laterale. Si verificano l’accostamento ed il contatto dei monconi tendinei ed il recupero della metria dell’apparato muscolo-tendineo tricipitale e si procede con la sutura delle sei brecce cutanee.

                                        Ricostruzione percutanea       Procedura schematizzata      Situazione cutanea post-tecnica percutanea

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RICOSTRUZIONE CON TECNICA PERCUTANEA IN ENDOSCOPIA

 

Lo svantaggio principale della tecnica percutanea semplice sta nel fatto che non è consentita una visione diretta durante l’intervento, non essendo a cielo aperto. L’endoscopio va ad ovviare proprio a questo problema, permettendo una visione diretta.

L’intervento viene eseguito in anestesia locale, col paziente in posizione prona, i piedi al di fuori del bordo del lettino e la caviglia infortunata a circa 15° di plantiflessione, affinché l’endoscopio possa essere introdotto in maniera corretta attraverso due delle 8 incisioni cutanee che verranno effettuate.

La comunicazione col paziente è essenziale, poiché gli verrà successivamente chiesto di effettuare alcuni movimenti, in modo da avere un immediato feedback sull’intervento eseguito. Durante la procedura viene utilizzato un laccio emostatico, che serve a valutare la vascolarizzazione del tendine e del paratenone, mentre non vi è necessità di profilassi antibiotica o antitrombotica.

Prima di cominciare, vengono localizzati la sede esatta della rottura ed il gap grazie all’ausilio dell’endoscopia, che permette anche una valutazione della continuità del circostante tessuto, dello stato del paratenone e della vascolarizzazione, nonché dello stato delle estremità del tendine. I dati acquisiti sono necessari per classificare il caso in 3 gradi:

  • Grado I: minima lesione del tessuto circostante il tendine, lesione lineare del paratenone e degenerazione minima delle estremità del tendine achilleo (a).
  • Grado II: degenerazione e marcata lesione della continuità del paratenone, degenerazione delle estremità del tendine d’Achille e segni di tendinite (b).
  • Grado III: rottura completa del paratenone, marcata tendinosi e avanzati segni di tendinite a livello delle estremità del tendine (c)

rottura del tendine d'achille ricostruzione endoscopica

 

Per minimizzare il sanguinamento viene iniettata una soluzione salina, prossimalmente (a circa 5cm) e distalmente (4cm) alla rottura, nella cute, nel tessuto sottocutaneo e nel paratenone, attraverso 8 accessi: 4 prossimali e 4 distali: questi stessi accessi verranno poi utilizzati per l’intervento vero e proprio.

Si procede, così, con la ricostruzione del tendine, iniziando a suturare dalla parte prossimale. Il punto di sutura viene chiuso nella parte prossimo-laterale della caviglia. La procedura viene ripetuta una o due volte, a discrezione del chirurgo. Durante l’operazione bisogna controllare che la caviglia si trovi in posizione neutra. Si effettua il controllo finale e, se necessario, si chiude il secondo punto di sutura.

rottura del tendine d'achille ricostruzione endoscopica

Si chiudono le incisioni cutanee e, per 3 settimane, si applica un tutore che terrà la caviglia in posizione neutra.

 

RICOSTRUZIONE CON TECNICA MINI-OPEN

 

Gli accessi percutanei prossimali e distali sono i medesimi della tecnica percutanea di Ma e Griffith modificata. A livello della sede di lesione si pratica un’unica incisione longitudinale mediana di circa 3 cm, dissecando il sottocute ed individuando il paratenone che racchiude la lesione.

L’incisione longitudinale del paratenone permette di visualizzare la sede di lesione, constatarne la completezza e di afferrare con una pinza il moncone su cui andremo a passare la sutura. Le 2 suture con filo non riassorbibile, o riassorbibile a lunga durata, con doppio ago lungo ricurvo vengono passate come nella tecnica percutanea, con la differenza che alla fuoriuscita a livello della lesione, e quindi dai monconi tendinei, questi possono essere visualizzati attraverso l’accesso “miniopen”: viene verificata la corretta posizione delle suture, così come l’accostamento dei capi tendinei.

Vanno attuate le dovute precauzioni che al fine di evitare la lesione o l’intrappolamento del nervo surale. L’annodamento delle suture è eseguito attraverso l’accesso alla sede della lesione, con gli estremi tagliati ed affossati all’interno del paratenone. Verificata la corretta metria, vengono suturati i soli piani cutanei dei 5 accessi, 4 percutanei ed il mediano “miniopen”, evitando di suturare il paratenone.

Tecnica chirurgica mini-open.

rottura del tendine d'achille ricostruzione tecnica mini openrottura del tendine d'achille ricostruzione tecnica mini open

Se vuoi vedere l’articolo sul trattamento post chirurgico clicca qui 

 

 

Questo articolo è stato estratto dalla tesi: “Il ruolo della riabilitazione propriocettiva nel trattamento del trauma sportivo: la rottura del tendine d’Achille”, gentilmente concessa dalla Dott.ssa Erica Ippolito che ringraziamo per il contributo.

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