EPIDEMIOLOGIA E MECCANISMO LESIONALE
La rottura del tendine d’Achille
E’ una lesione complessa, invalidante, con tempi di recupero piuttosto lunghi e che può mettere fine prematuramente alla carriera di un atleta. Si tratta di un infortunio la cui incidenza è cresciuta vistosamente negli ultimi 50 anni, per via della crescente partecipazione della popolazione alle attività sportive. Si tratta, infatti, di un infortunio che si verifica, nel 68% dei casi circa, durante le attività sportive. Ad oggi, l’incidenza è di circa 18/100.000 persone ogni anno.
Questo tipo di infortunio si verifica prevalentemente negli uomini (che costituiscono l’84% dei casi), tra i 30 ed i 50 anni, e le rotture complete si verificano prevalentemente nei cosiddetti “sportivi occasionali”, poiché conducono una vita prevalentemente sedentaria combinata con attività fisica per cui hanno una scarsa preparazione atletica. Gli atleti professionisti invece vanno più spesso incontro a lesioni parziali, anche se si possono verificare anche rotture complete. Si vedano, come casi celebri, Zanetti, Beckham, De Boer, Andreolli per il calcio, Kobe Bryant per il basket, Vanessa Ferrari per la ginnastica artistica.
Le rotture del tendine d’Achille si verificano prevalentemente, come già detto, durante l’attività sportiva e, in particolare nel calcio, nel basket, nel tennis, nell’atletica leggera, ma anche nel football, nel badminton e nella ginnastica artistica. Corsa, sprint, salti ed in generale contrazioni pliometriche possono esporre, infatti, a questo tipo di infortunio, ma vi sono molti altri fattori di rischio, come l’uso di corticosteroidi, il piede cavo o iperpronato, l’età avanzata. Degni di nota sono, inoltre, i fattori di rischio sport-specifici, che possiamo suddividere in rischi tipici degli sport “aerei” (es. ginnastica artistica), e degli sport “a terra” (es. atletica leggera, calcio, basket, tennis, football).
Rischi associati agli sport “aerei”.
SUPERFICI DI ATTERRAGGIO
Negli sport che prevedono importanti salti, questi vengono eseguiti spesso atterrando su piattaforme particolari, dalla leggera imbottitura, così da attutire l’impatto. Questo però causa una riduzione della stabilità della caviglia nell’atterraggio e può rappresentare un rischio di infortunio.
PERIODO PRE-SEASON
Nel periodo pre-gara, specialmente in sport come la ginnastica, vengono provate ripetutamente nuove abilità, come nuovi salti, da inserire in gara. Questo, unito allo stress e all’affaticamento dell’atleta, può aumentare il rischio di infortuni
COMPETIZIONE
Nella ginnastica, abilità e salti più difficili comportano un punteggio in gara più alto. Ovviamente, però, aumentano il rischio di infortuni.
TECNICA
Durante i salti, nella ginnastica, la tecnica corretta prevede di mantenere la plantiflessione della caviglia per tutto il tempo in volo. Questo comporta, al momento dell’atterraggio, una rapida e violenta dorsiflessione, che può esporre il tendine d’Achille a traumi e lesioni.
ASSENZA DI CALZATURE PER ATTUTIRE L’IMPATTO
ANSIA, STRESS E MANCANZA DI CONCENTRAZIONE DA STANCHEZZA
Rischi associati agli sport “a terra”
MOVIMENTI RIPETUTI E OVERUSE
Durante la corsa, ad esempio, il carico sul tendine d’Achille arriva a picchi che raggiungono il 600/800% il peso corporeo, avvicinandosi pericolosamente al limite massimo di sopportazione del tendine. Si creano così ripetuti microtraumi e si può andare incontro a degenerazione da “overuse”.
CALZATURE
Queste sono in genere poco flessibili, o dotate di tacco troppo basso. Questo espone ad un maggior rischio di infortuni
TERRENI IRREGOLARI E SCONNESSI
TRAINING INTENSO
Aumenti improvvisi di allenamento in vista di gare
FATIGUE
MANCANZA DI STRETCHING
MECCANISMI DI ROTTURA DEL TENDINE D’ACHILLE
Secondo Arner e Lindholm, i meccanismi di rottura del tendine d’Achille si
dividono principalmente in 3 categorie:
- Nel 53% dei casi, il meccanismo lesionale è da attribuirsi ad attività pliometriche esplosive, quando si ha il ginocchio in estensione e la caviglia in plantiflessione in fase di push-off. È il caso degli sport che prevedono sprint o salti;
- nel 17% è dovuto ad un’improvvisa ed inaspettata dorsiflessione della caviglia, ad esempio in una caduta dalle scale;
- Nel 10% dei casi è dovuto ad una violenta dorsiflessione su una caviglia in plantiflessione, come in una caduta
La forza applicata al tendine, durante questi eventi, può raggiungere i 2233 Newton, andando dalle 6 alle 12 volte il peso corporeo. Questi valori si avvicinano pericolosamente al limite massimo che il tendine può sopportare, e pertanto espongono enormemente al rischio di una sua rottura.
Se, inoltre, vi è di base una situazione di degenerazione tissutale, sintomatica o meno, la rottura diventa non solo possibile, ma molto probabile. Ovviamente perciò, un altro fattore di rischio è l’età: con l’avanzare del tempo, i tessuti vanno inevitabilmente incontro a cambiamenti, come la riduzione dell’afflusso sanguigno, della forza tensile del collagene, l’aumento della rigidità dell’articolazione e di conseguenza la riduzione della capacità di sopportare stress, specialmente se ripetuti.
La lesione è generalmente unilaterale e si verifica, nell’85% dei casi, in una particolare zona del tendine, detta zona “watershed”, scarsamente vascolarizzata, situata tra i 2 e i 6 cm dall’inserzione calcaneare.
Le rotture del tendine d’Achille possono essere distinte
- In base all’entità della lesione: totali (oggetto della presente tesi) o parziali;
- In base all’eziologia: acute (traumatiche, oggetto della presente tesi) o croniche (da degenerazione tissutale).
Proprio per comprendere meglio questa seconda classificazione, sono nate due “teorie”
TEORIE SULLA ROTTURA DEL TENDINE D’ACHILLE
- Teoria meccanica: si basa sul presupposto che un tendine d’Achille sano, senza modifiche da degenerazione tissutale, possa andare incontro a rottura se sottoposto a particolari stress meccanici. Questi possono essere dati, ad esempio, da una forza massimale con direzione obliqua a livello del tendine, oppure distribuita in modo
Queste condizioni possono verificarsi più frequentemente nel caso di azioni scoordinate, terreni scoscesi o irregolari e in presenza di deficit propriocettivi.
- Teoria degenerativa: si basa sul presupposto che numerosi e ripetuti microtraumi a livello del tendine lo portino ad indebolimenti e modifiche strutturali, che lo predispongono a rottura Una delle modifiche riscontrate, ad esempio, sta nel fatto che le fibre collagene di tipo III vengano sostituite da quelle di tipo I, che sono estremamente meno resistenti.
Anche l’uso di steroidi può aumentare sensibilmente il rischio di rottura del tendine d’Achille. Queste sostanze, infatti, possono causare displasia delle fibrille di collagene, riducendone quindi la resistenza. Un tendine sano, generalmente, non viene danneggiato da iniezioni intratendinee di steroidi, al contrario di un tendine già danneggiato o con degenerazioni tissutali.
La somministrazione sistemica è, invece, ampiamente correlata alla rottura del tendine calcaneare in ogni caso. Inoltre, l’effetto analgesico dei corticosteroidi può indurre l’atleta a mantenere il suo livello di attività, ignorando il danneggiamento del tendine ed impedendone un corretto recupero. Infine, i corticosteroidi possono interferire con la guarigione del tendine. Per tutte queste ragioni, si consiglia di interrompere l’attività fisica per circa 2 settimane dopo un’iniezione o somministrazione di corticosteroidi.
DIAGNOSI DELLA ROTTURA DEL TENDINE D’ACHILLE
La diagnosi di rottura acuta di tendine d’Achille inizia con una corretta anamnesi.
Il paziente tipo è un uomo, in genere tra i 30 ed i 50 anni, che pratica sport in cui sono presenti movimenti bruschi di start-stop, corsa, salti o in generale, come già detto, contrazioni pliometriche. Il paziente è dolorante, riferisce di aver avvertito un dolore improvviso in seguito ad un evento ben riconosciuto, la sensazione di aver ricevuto un calcio sul tallone o uno schiocco a livello del tendine.
Spesso non è in grado di caricare il peso sul piede infortunato, di deambulare, di salire le scale. All’ispezione si notano gonfiore, perdita di plantiflessione, talvolta atrofia del tricipite surale, perdita di definizione del tendine d’Achille, mentre alla palpazione si può avvertire (a meno che non vi sia un gonfiore particolarmente importante) un gap, generalmente tra i 2 ed i 6 cm dall’inserzione calcaneare. In seguito, vengono effettuati dei test clinici. Ve ne sono di diversi, ma quelli che, secondo gli studi, risultano essere più sensibili sono il Thompson (fig. 7; sensibilità: 0,96) e il Matles (fig. 8; sensibilità: 0,88).
In alcuni pazienti, diagnosticare con precisione una rottura completa ricorrendo solamente all’esame clinico risulta difficoltoso, in quanto il tendine può essere nascosto dietro ad un ampio ematoma. Anche le rotture parziali possono essere difficili da diagnosticare: se perciò, dopo l’esame clinico, permangono dubbi sulla diagnosi, si ricorre agli esami di imaging.
Quelli più utilizzati sono:
- Ecografia: poco costosa, veloce, permette un esame dinamico, ma ha lo svantaggio di essere un esame operatore-dipendente.
- RM: relativamente costosa, ma estremamente efficace nel riconoscimento di lesioni incomplete e di varie modificazioni degenerative e croniche. In T1 (Fig. 10A), la rottura del tendine si apprezza in maniera evidente come un’interruzione del segnale. In T2 (Fig. 10B) si ha, invece, una iperintensità in corrispondenza dell’edema e dell’emorragia.
Questo articolo è stato estratto dalla tesi: “Il ruolo della riabilitazione propriocettiva nel trattamento del trauma sportivo: la rottura del tendine d’Achille”, gentilmente concessa dalla Dott.ssa Erica Ippolito che ringraziamo per il contributo.
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