Con il concetto di trigger points (TP) definiti in medicina anche “nodi muscolari”, ci si riferisce a dei punti sensibili presenti nei tessuti muscolari, molto simili a dei noduli irritabili e infiammati, localizzati in un determinato muscolo. Generalmente i trigger points vengono descritti dal paziente come delle localizzazioni dolorose che si presentano non appena si tocca il muscolo interessato o si eseguono determinati movimenti, spesso accompagnati oltre cha da dolore anche da rigidità. La natura di questa problematica non è molto chiara: la scienza non ha fornito delle risposte decisive sulle motivazioni sottostanti a tale disturbo, benché i trigger points siano conosciuti dalla medicina da oltre 150 anni.
La scienza dei Trigger Points
Sono pochi i professionisti che sanno valutare l’importanza dei trigger points nell’ambito della teoria del dolore. Eppure questi “punti irritabili” non sono una scoperta recente: già dal 1938 era stato ampiamente accertato che erano in grado di provocare dolore e fastidio ai pazienti quando stimolati manualmente, infatti per la prima volta, nel corso del 1942, fu usato il termine “punto trigger”. Oggi possiamo ipotizzare che l’antica usanza cinese di utilizzare il tocco terapeutico, avesse proprio origine dall’intenzione di curare il dolore provocato dai punti trigger. Guardando alla letteratura scientifica sappiamo con certezza che i punti trigger esistono e sono molto comuni: tutte le persone, compresi i bambini, li hanno, solo che spesso non si accorgono della loro relazione significativa con il dolore che avvertono nei movimenti. Dove si formano? La letteratura scientifica al riguardo è chiara: i punti trigger possono formarsi in qualunque muscolo dell’organismo umano, e secondo la scienza rimangono persino nel tessuto muscolare dopo il decesso dei soggetti, potendo dunque durare tutta la vita. Cerchiamo di capirne di più sulla loro causa e su come riconoscerli facilmente.
Significato del termine “Trigger Point”
Il nome “Trigger point” (o punto grilletto) fu introdotto per la prima volta nel lontano 1942, dalla dottoressa Janet Travell. Quest’ultima, utilizzando questo concetto, intendeva dare un nome a un disturbo comune sulle fasce muscolari degli esseri umani, capace di provocare dolore: un fastidio tale da far “scattare” il paziente e, nel lungo termine, rendere i muscoli meno forti e più stanchi, provocando sempre più rigidità nei movimenti. Ma perché vengono chiamati “trigger points”? Tradotto dall’inglese, il termine “trigger points” significa proprio “punto grilletto”: tale termine viene usato per descrivere la condizione sofferente che subisce il paziente non appena vengono toccati questi punti; difattise viene praticata anche una semplice pressione sui trigger point, il paziente percepisce dolore causato dalla compressione, e talvolta può trovare sempre più difficoltà nei movimenti.
Come si riconoscono i trigger points?
Riconoscere i trigger points per un fisioterapista non è difficile, basta effettuare una palpazione approfondita dei muscoli. I “punti grilletto”, possono essere riconosciuti a causa della differente sensazione di viscosità e di durezza del tessuto muscolare che il terapista percepisce sotto la pelle del paziente durante un’attenta palpazione, specificamente all’interno di tutto il muscolo. Spesso i trigger points possono dare al soggetto la sensazione di avere un nodulo sotto la cute, di grandezza variabile da alcuni millimetri fino anche a volumi più importanti di centimetri. Uno dei segnali tipici dei punti trigger, tuttavia, ovvero quello principale, è certamente il dolore o fastidio che deriva dalla palpazione del muscolo interessato, che può essere accompagnata da una importante rigidità dei movimenti.
Vediamo un video sui Trigger Points
Quali conseguenze provocano i trigger points?
La stimolazione dei punti trigger può provocare un grado medio/alto di dolore nel paziente, semplicemente quando questo effettua dei movimenti, non a caso possono essere ritenuti la principale causa di disabilità delle persone, sia nell’attività lavorativa che nel tempo libero. I punti trigger hanno infatti una caratteristica peculiare: possono essere presenti anche in modo latente, in cui non producono attivamente dolore al paziente. A tal riguardo, alcuni studiosi (Travell e Simons), ritengono che le conseguenze che i trigger points sono in grado di provocare nel corpo sono persino peggiori rispetto al dolore causato da quelli attivi, e questo perché i punti trigger latenti tendono ad accumularsi e con il tempo diventano la causa sottostante alla rigidità delle giunture, con conseguenti limitazioni al movimento. E non solo: la continua tensione muscolare che i trigger points latenti causano nel corpo, può comportare un livello elevato di sforzo nei punti di inserzione dei muscoli, provocando problematiche ti diversa natura.
Come si riconosce un trigger point?
La dottoressa Travel, nello studiare le cause e le manifestazioni tipiche di questo problema, fornì alla letteratura scientifica una definizione breve di “trigger points”, descrivendoli come “un’area localizzata estremamente irritabile e dolorosa, in un nodulo in un fascio teso di tessuto muscolare.” Il fastidio generalmente si presenta in un determinato punto (da qui il nome, appunto, trigger), ma può estendersi persino in altre zone vicine e sempre precise per ogni muscolo. Se un punto trigger è presente nel muscolo della scapola, ad esempio, il problema può essere avvertito nelle zone circostanti, come nell’orecchio o in un lato della testa. I muscoli maggiormente colpiti sono comunque quelli della testa e del collo, e questo come ben può immaginarsi può comportare al paziente numerosi disturbi: in particolare dolore alla mandibola, acufeni e dolore agli occhi. Ovviamente non esiste un unico tipo di trigger points, ma diverse tipologie con caratteristiche proprie.
Qui sotto un’immagine di Trigger Points presenti sui fasci superiori del Trapezio che possono irradiare il dolore a Distanza fino alla regione perioculare
I diversi tipi di Trigger Points
I trigger points possono essere classificati in base ai punti del corpo in cui sono localizzati. Innanzitutto è possibile distinguere i punti trigger “primari” (chiamati anche centrali), che rappresentano i più classici e diffusi. Questi si collocano al centro del ventre muscolare, e solitamente sono sopportabili. I punti trigger secondari invece, sono quelli situati nei muscoli vicini a quello primario, che resta dunque il primo da trattare per risolvere il dolore. Ci sono punti trigger che si formano nei punti tendinei, e i punti trigger che riguardano una grande porzione del corpo o legati a delle problematiche posturali. Va fatta poi una differenza tra i punti trigger latenti e attivi: i primi non danno al paziente alcun fastidio (anche se causano rigidità muscolare e in caso di stimolazioni nella parte interessata possono riattivarsi); mentre i secondi provocano dolore al tatto e alla palpazione.
Le cause dei trigger points
Ma come si creano i trigger points? Esistono delle cause scatenanti? Non è possibile dare una risposta univoca a questa domanda, perché in molte persone, pur essendo presenti, sono latenti e non si manifestano con dolore. Esistono comunque dei comportamenti scorretti che possono attivarli: in particolare le cattive abitudini posturali, la sedentarietà, la mancanza di vitamine nell’organismo (così come l’alimentazione errata), i traumi, le cicatrici, i problemi metabolici, gli infortuni o le attività che provocano stress in modo continuativo. Anche i movimenti ripetuti nel tempo possono causarli, soprattutto se comportano un’eccessiva attivazione muscolare.
Dove si verificano i Trigger Points?
I punti trigger si trovano soprattutto nelle seguenti parti del corpo:
– nei muscoli trapezi superiori, immediatamente sopra le spalle
– nei muscoli della parte bassa della schiena
– nei muscoli posteriori della coscia
– nei muscoli dei polpacci
– nella banda iliotibiale
ma potenzialmente possono presentarsi in qualsiasi muscolo.
Se i punti trigger si attivano eccessivamente, e in numero rilevante, il paziente nel tempo può sviluppare dolore cronico, nonché la sindrome del dolore miofasciale (quando questi sono molto numerosi, infatti, i trigger points vengono chiamati proprio “sindrome del dolore miofasciale”). La loro presenza, peraltro, provoca altre problematiche strettamente correlate, in particolare lombalgia, cervicalgie, sciatalgie apparenti, dolori alla spalla con infiammazione e calcificazioni, cefalee, epicondiliti ed epitrocleiti.
I trattamenti per risolvere i trigger points
Il trattamento dei Trigger Points, per opera di un fisioterapista, si basa sull’impiego di una terapia manuale appositamente mirata. La tecnica, in particolare, si basa sull’effettuazione di una pressione sul trigger point tale da evocare al paziente una sensazione di compressione muscolare, al fine di migliorare la circolazione sanguigna e rilassare la zona circostante al punto trigger.
Tale pressione può essere effettuata ad esempio con il pollice o con il gomito, a seconda della grandezza del Trigger Point e della zona da trattare. Ricordiamo che la compressione di un Trigger Point genera una sensazione dolorosa più o meno intensa che di solito si irradia in una zona circostante. La pressione esercitata avrà una durata e un’ intensità variabile che dipenderà dal dolore percepito e dal livello di “sopportazione” dal paziente. Solitamente sono sufficienti 30 secondi di compressione che può essere ripetuta 2-3 volte per ottenere un buon risultato.
Questa tecnica non presuppone alcun coinvolgimento del paziente per cui possiamo definirla una tecnica passiva. Volendo possiamo fare effettuare un movimento attivo al paziente mentre esercitiamo la pressione sul punto Trigger: ad esempio se sto trattando un Trigger sul muscolo elevatore della scapola mentre effettuo la pressione posso chiedere al paziente di sollevare il moncone della spalla così da attivare il muscolo Elevatore, ottenendo un’elevata vascolarizzazione muscolare. Un altra tecnica di trattamento può essere quella di effettuare una compressione e allo stesso tempo delle circonduzioni sempre con lo scopo di ottenere un maggior afflusso sanguigno nella zona dov’è presente il Trigger Point.
Lo scopo finale della terapia è sempre quello di alleviare i fastidi del paziente e ripristinare gradualmente le capacità funzionali dei muscoli. Va da sè che il ruolo del fisioterapista è fondamentale al riguardo: questo usa infatti nel caso dei trigger points diverse tecniche che, agendo sulla muscolatura, aiutano il paziente a ripristinare il proprio stato di salute e ridurre il dolore. Come già accennato sopra le tecniche di trattamento comprendono la compressione ischemica,ma possono anche essere usate tecniche miofasciali e neuromuscolari (per rilassare la muscolatura interessata e quella circostante), e l’effettuazione di un massaggio profondo con delle frizioni manuali sulla muscolatura.
Una tecnica molto efficace che purtroppo in Italia il Fisioterapista non può utilizzare perchè vietata a questi professionisti, è il dry needling, quest’ultima è una tecnica “invasiva” ma sicura per il paziente, che prevede l’uso di piccoli aghi nei punti della muscolatura interessati dai punti trigger, da non confondere con l’agopuntura. In questa tecnica gli aghi inseriti in punti specifici sono in grado di creare un rilassamento muscolare quasi istantaneo, ottenendo la riduzione repentina dei Trigger Points. A tutte le tecniche descritte è comunque molto importante unire l’esercizio terapeutico, in modo da dare la possibilità al paziente di recuperare le normali funzionalità dei muscoli e permettere l’effettuazione dei movimenti senza alcun dolore.
Nella foto qui sotto la tecnica del Dry Needling
Cosa si può fare per prevenire o migliorare i trigger points?
Per scongiurare i rischi derivanti dall’attivazione dei punti trigger nei muscoli, è importante che il paziente si affidi a personale competente: il fisioterapista è in grado di determinare la situazione del singolo paziente, intervenendo manualmente sulla zona interessata. Il massaggio effettuato dal professionista specializzato si basa soprattutto sulla compressione-ischemia-inibizione, e se fatto bene risulta essere molto efficace contro il dolore. Durante il trattamento il paziente deve seguire alcune attenzioni particolari, necessarie anche al fine di prevenire o aggravare l’insorgenza dei punti trigger: è importante praticare un costante esercizio fisico regolare e moderato (per aiutare i muscoli a mantenersi agili), seguire una dieta bilanciata comprensiva di minerali e vitamine e migliorare la postura, tenendola corretta.