ALLENARSI PIU’ DI 7 ORE E MEZZA AUMENTA IL RISCHIO DI ICTUS E INFARTO! LO STUDIO SU 3200 PERSONE
Superare questi limiti aumenterebbe il rischio di calcificazione delle coronarie. Un elemento che sembra essere un importante fattore predittivo di eventi cardiovascolari anche fatali, come infarto e ictus
IL TROPPO stroppia, forse anche nello sport: gli uomini che praticano attività fisica per più di 7 ore e mezza a settimana presentano un rischio aumentato dell’86% di depositi di calcio alle arterie coronarie. E queste placche, in base a recenti evidenze, sembrano essere associate a eventi cardiovascolari anche fatali, come infarto e ictus. A dimostrare l’associazione fra sport eccessivo e calcificazioni alle coronarie è uno studio Usa, chiamato Cardia (Coronary Artery Risk Development in Young Adult Study), condotto su migliaia di persone, che ha analizzato su un periodo di oltre 25 anni gli effetti a lungo termine di un esercizio sportivo molto frequente. Il rischio emerso dall’indagine – che per ora rimane una semplice associazione statistica e non dimostra un rapporto di causa-effetto fra troppo sport e placche di calcio nelle arterie – riguarda principalmente gli individui di sesso maschile e di etnia bianca. Tutti i dettagli della ricerca sono pubblicati su Mayo Clinic Proceedings.
La calcificazione delle arterie consiste in depositi di calcio sulle arterie coronarie che, insieme alle note placche aterosclerotiche (composte da varie sostanze fra cui il famoso colesterolo), sembrano aumentare il rischio di infarto e altri eventi cardiovascolari. Tuttavia il legame fra calcificazioni coronariche e rischio di infarto è ancora oggetto di studio da parte della comunità scientifica. E lo studio Cardia nasce anche dall’esigenza di comprendere meglio questo legame, come ha spiegato Stefano Bianchi, cardiologo al Fatebenefratelli San Giovanni Calibita, Isola Tiberina di Roma. “Questa ampia ricerca – ha sottolineato l’esperto – è nata per valutare se e in che modo la genetica e lo stile di vita, dalla dieta all’attività fisica, abbiano un’influenza sull’evoluzione della malattia coronarica e sul rischio di infarto”.
Per svolgere l’indagine gli autori hanno selezionato un campione di quasi 3.200 persone che, all’inizio dello studio, nel 1985,avevano un’età compresa fra i 18 e i 30 anni, mentre alla fine , nel 2011, erano fra i 43 e i 55 anni. Il team di scienziati ha assegnato i partecipanti a diverse categorie in base all’attività fisica svolta, che è stata costantemente valutata durante intervalli di tempo regolari. Le categorie comprendevano un gruppo di soggetti meno attivi, che avevano svolto meno di 150 minuti di esercizio a settimana; poi vi era un campione di persone che aveva svolto attività mediamente per 150 minuti a settimana, attenendosi dunque alle raccomandazioni delle linee guida internazionali; ed infine i più attivi, che si muovevano per più di 450 minuti a settimana – circa 7 ore e mezza –, superando di più di tre volte la quantità di esercizio raccomandata dagli esperti.
L’intensità dell’attività fisica presa in considerazione variava da un livello moderato, come una camminata o il giardinaggio, fino ad un grado intenso, come la corsa o il nuoto. La quantità di attività fisica veniva poi messa in relazione con la malattia coronarica e il rischio di infarto. “Questi due elementi – ha spiegato Bianchi – sono stati espressi attraverso il numero e la gravità delle placche di arteriosclerosi. Queste placche sono state visionate dagli autori dello studio mediante una Tac coronarica”.
A sorpresa per gli autori dello studio, che non si aspettavano questo risultato, chi aveva svolto un’elevata attività fisica, superando le 7 ore e mezza a settimana, presentava, a distanza di 25 anni, una maggiore incidenza di calcificazioni alle coronarie intorno ai 50 anni. Mentre i partecipanti del gruppo meno attivo, che avevano praticato meno di 150 minuti di esercizi a settimana, sono risultati anche meno a rischio di queste calcificazioni alle coronarie. Nel caso di un’elevata attività sportiva, superiore alle 7 ore e mezza a settimana, il rischio di placche di calcio alle coronarie aumentava dell’86% nelle persone di sesso maschile e etnia bianca, mentre cresceva meno, cioè del 27%, se si considerano tutte le categorie di persone (entrambi i sessi e tutte le etnie).
“Questa sotto-analisi – ha illustrato Bianchi – all’interno del vasto studio Cardia, pubblicata da Mayo Clinic, sembrerebbe mostrare che l’eccessiva attività fisica, tre volte superiore a quella consigliata dalle linee guida internazionali, possa essere controproducente per la salute delle coronarie”. Le ragioni di questo dato sono ancora da approfondire e pongono interessanti quesiti, dato che ad esempio gli uomini caucasici sembrano essere più a rischio. Ma c’è anche un’altra faccia della medaglia: un’elevata attività fisica potrebbe anche fungere da elemento protettivo contro la rottura delle placche aterosclerotiche, dunque contro gli attacchi di cuore. Un elemento ancora tutto da valutare, che apre il dibattito su importanti aspetti della salute cardiovascolare.
Quella di oggi, inoltre, non è la prima ricerca sul tema delle calcificazioni coronariche, che già in base a ricerche precedenti sembrano colpire di più il sesso maschile. Tuttavia, l’indagine odierna aggiunge un tassello al puzzle, collegata all’eccesso di sport. Ma gli autori tengono a sottolineare che il dato emerso non suggerisce in alcun modo di smettere di fare moto o di allenarsi, riproponendo le raccomandazioni di svolgere esercizio corporeo da moderato a intenso per circa 150 minuti a settimana. “Una dieta corretta e un’attività fisica equilibrata e regolare – aggiunge Stefano Bianchi – hanno dimostrato chiaramente il miglioramento di tutti i parametri cardiovascolari, prevenendo tutti gli eventi cardiovascolari maggiori, come infarto e ictus”. Insomma, il risultato di oggi non fornisce alcun pretesto, ai più pigri, per decidere di non muoversi. Quella che solleva, piuttosto, è la necessità di studiare più a fondo tutti gli effetti fisiologici a lungo termine di un’attività fisica particolarmente intensa e protratta nel tempo.